venerdì 29 maggio 2009

WHY NOT ? la sostenibilita' come vettore di business


Goethe con slancio romantico invitava a incominciare “tutto quello che puoi fare o sogni di poter fare” per poi sottolineare che “il coraggio ha in sé genio, potere e magia”. Henry Laborit nel suo Elogio della Fuga rifletteva come “davanti alla tempesta, la fuga, è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme

Piccole riflessioni come preludio ad una domanda: può una piccola impresa, una piccola realtà commerciale avviare un piano di sostenibilità?
Probabilmente gettando uno sguardo superficiale sulla dottrina o sulle esperienze in materia, la risposta finirebbe per essere, salvo rare eccezioni, negativa. La sostenibilità fino ad oggi è sembrata essere patrimonio esclusivo degli ambienti accademici o delle grandi imprese; materia buona per gli ecologisti, per i convegni o per qualche imprenditore velleitario.

La piccole realtà imprenditoriali probabilmente spaventate dalla complessità dei termini utilizzati, dalla notorietà e le dimensioni delle aziende che ne enunciavano il percorso, si sono mostrate assenti o timidamente distanti.
Nella realtà quello che può apparire come terreno esclusivo di pochi, è invece un terreno estremamente fertile proprio per le piccole imprese .
Quello che invero è cambiato, in questo ultimo periodo, quasi invitandoci a parlare di rivoluzione copernicana, è l’approccio, l’obiettivo di una visione sostenibile del business.

La salvaguardia del pianeta e delle sue risorse, la riduzione dell’inquinamento, un efficace riutilizzo e riciclo della materia, abbandonano ed escono dai confini di una discussione teorica quasi carbonara, per entrare invece nel campo di una vera scelta operativa. La crescita produttiva ecocompatibile, suggeriscono i fondi di venture capital, sarà il business del prossimo futuro.
Se fino a pochissimo tempo fa i concetti di sostenibilità e responsabilità sociale infatti venivano comunemente associati a valori legati soprattutto con la reputazione aziendale, gli intangible assett per intenderci, oggi invece la sostenibilità sta diventando sempre più occasione e strumento di business, di efficienza e di riduzione dei costi aziendali.
Da una parte, sotto la spinta di una crescente sensibilità ed attenzione del consumatore verso aziende caratterizzate da comportamenti etici e responsabili, dall’altra sollecitati da un crescente costo delle risorse energetiche, oggi molte più realtà imprenditoriali scelgono di imboccare una strada che privilegi uno sviluppo sostenibile dell’azienda.

Se i recenti ed eclatanti esempi di Google e di quella schiera di giovani imprenditori della Silicon Valley, o di STM qui da noi, potevano ancora essere configurarti come illuminati avamposti di un business verde, la discesa in campo di Wal-Mart segna drasticamente la fine di una visione scettica che non associava sostenibilità con profitto.
Wal-Mart colosso della distribuzione, fino ad oggi citato soprattutto per i comportamenti non certo responsabili, nel 2007 delibera l’adozione di standard molto rigorosi di risparmio energetico e recupero degli scarti e dei rifiuti. La visione non è umanitaria, ma essenzialmente legata al profitto e all’efficienza; ed in questo sta la grande rivoluzione.

Riprendendo le citazioni iniziali e rispondendo positivamente alla domanda postaci, potremmo dire che, per una piccola impresa, la fuga, il coraggio e la scoperta diventano e sono eletti a fattori distintivi di sviluppo e successo delle attività intraprese. La sostenibilità in quest’ottica può rappresentare un vettore fecondo di nuove possibilità.

Un percorso di sviluppo sostenibile offre, solo per fare qualche esempio, due grandi opportunità: migliora l’immagine aziendale e permette di incrementare efficienza e profitto, ed il tutto con un cammino semplice, quasi “self made”, che non richiede grandi consulenti, architetti o pensatori dell’ultima ora. Richiede solamente la volontà di “fuggire” da una offerta standardizzata, quasi in fotocopia, e di “scoprire” nuovi terreni poco presidiati. In un mercato “tempestoso” non poco, viene da dire.

Non è difficile oggi trovare suggerimenti concreti sul come essere sostenibili: esistono “consigli” facilmente attuabili per un attento risparmio energetico; esistono programmi comunitari, su tutti Greenlight, che aiutano e stimolano nel percorso, esistono luminosi esempi di pratiche di successo facilmente replicabili; esistono molti bilanci di sostenibilità da cui trarre spunti e idee; esistono campagne pubblicitarie da cui “copiare” valori e messaggi. Allora perché di sostenibilità ancora oggi nel settore del mobile, sia a livello produttivo che distributivo, si parla così poco o è così raro trovarne applicazioni ?
Se si eccettuano i casi noti di Mazzali, Valcucine, la nuova vision di Snaidero e qualche accenno sostenibile qui e li individuabile, manca completamente, anche a livello associativo industriale o di commercio, una chiara scelta strategica in questa direzione.
Pare quasi che soffocate dalla ricerca continua di soluzioni per il business, complesse per non dire onerose, l’industria e la distribuzione non vedano un’opportunità che è li pronta ad essere colta..
“Why not” è l’headline della più importante campagna corporate lanciata da Toyota per festeggiare i suoi 50 anni negli Usa; una campagna tutta emozione che mette al primo posto e sottolinea l’attenzione all’ambiente e alla sua salvaguardia dell’azienda giapponese.

“Why not ?” potremmo quindi chiederci, a proposito di elevare la sostenibilità a vettore strategico di crescita e differenziazione.

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